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Stieg, lo svedese rovente

di Giovanni Pacchiano

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6 luglio 2008


Nel «Domenicale» dello scorso inverno (9 dicembre 2007) dedicato ai libri di Natale avevamo fatto il tifo per Uomini che odiano le donne (Marsilio, pagg. 676, euro 19,50) di Stieg Larsson, svedese allora pressoché sconosciuto in Italia. Primo volume della trilogia «Millennium», consegnata dall'autore all'editore Norstedts di Stoccolma, prima di morire per un'improvvisa crisi cardiaca. Oggi, scoppiato anche da noi (meno male) il caso, il secondo romanzo della serie, La ragazza che giocava con il fuoco (Marsilio, pagg. 754, € 19,50), già in cima alla classifica dei libri stranieri, ci lega ancor di più all'autore. Larsson non è solo scrittore di gialli ad altissimo livello, caldi, anzi caldissimi, traboccanti di colpi di scena e accesamente manichei – i due eroi, il giornalista Mikael e la giovane, scombinata hacker Lisbeth, contro i tanti malvagi (fino all'efferatezza) –, ma è il Balzac della società svedese di oggi. E nel secondo libro è proprio Lisbeth a campeggiare: piccola (è alta 1,50), stramba, prodigio nell'informatica, emarginata dalla società. Si torna qui alla sua infanzia di bambina considerata irrecuperabile: in realtà vessata da un padre mostro, e rinchiusa a 12 anni, pretestuosamente, in un ospedale psichiatrico. Legata per più di un anno a un letto di contenzione, abusata. Ed è solo l'inizio della storia, poi proiettata nel presente...
Chi, preso dal sacro fuoco della passione per Larsson (sic nos) volesse rintracciare il terzo romanzo, da noi ancora inedito, può agevolmente trovarlo nell'edizione francese: La reine dans le palais des courants d'air (Actes Sud, pagg. 712, € 23,00).
Attenzione, sempre nel mondo del giallo, a un altro autore sacro, Ed McBain. Il suo Traditori (Mondadori, pagg. 224, € 18,50), uscito postumo, muove anch'esso da un'infanzia e un'adolescenza oltraggiate: causa di vendette atroci, perpetrate molti, troppi anni dopo. Quando nessuno più si ricorda. La brutalità di omicidi seriali è raccontata dallo scrittore con la solita, immensa tonalità cool così ricca di ironia. Mentre, fra postmoderno, thriller e fantasy, l'americano Gordon Dahlquist, in La setta dei libri blu (Bompiani, pagg. 796, € 22,00), costruisce un «ritratto di signora», alla Henry James, mescolandolo a una trama labirintica e hard di sangue e di sesso. La vicenda: Miss Temple, giovane ereditiera d'oltreoceano, arrivata nella Londra d'antan, è coinvolta suo malgrado nelle trame di una setta. Un gruppetto di ricchi mascalzoni ben deciso a creare un'oligarchia che asservisca il mondo, attraverso la scoperta della proprietà di alcuni bizzarri libri di vetro blu, di leggere nella mente e nei desideri, anche i più inconfessabili, degli uomini.
Calda, dolorosa, crudele è la storia narrata da Joyce Carol Oates in La figlia dello straniero (Mondadori, pagg. 670, € 20,00). Protagonista Rebecca, nata nel 1936 nel porto di New York, sulla nave che ha portato la sua famiglia in America dalla Germania (e la svista cronologica del risvolto di copertina, che colloca l'evento nell'«Europa dilaniata dalla Seconda guerra mondiale», per un attimo ci gela). È una vita di sofferenza e di fuga la sua, fino alla conquista di una, se pur tormentata, serenità. Appassionante fino alle lacrime.
Gli italiani? Almeno due. Traboccante di indignato trasporto il bel romanzo di Maristella Lippolis, Adele né bella né brutta (Piemme, pagg. 236, € 14,50), storia della ribellione di una moglie di provincia al suo greve marito. Elegante, limpido, controllato dal timore di ogni eccesso di pathos il romanzo di Elisabetta Severina, Quarantatré (Instar libri, pagg. 114, € 12,00), libro di formazione e piccola saga familiare. Ma di questi due romanzi abbiamo già detto, rispettivamente sui numeri del «Domenicale» del 23 marzo 2008 e del 24 febbraio 2008.

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